Un’intervista a Francesco Nucara apparsa sul sito "NoiRoma.it"/"Sulle liste non c’è nessun complotto. Al premier sono state date delle informazioni sbagliate"

Controproducente una guerra di cavilli giuridici

Intervista a Francesco Nucara, a cura di Luca La Mantia, apparsa sul sito web "NoiRoma".

Un complotto nel complotto per gettare fumo negli occhi di Silvio Berlusconi e salvare la testa di qualche segretario regionale incapace. E’ la ricostruzione di Francesco Nucara, leader del Pri, su quanto sta avvenendo all’interno del Pdl. Secondo l’ex vice ministro dell’Ambiente, dietro l’esclusione della lista da Roma e provincia non ci sarebbe altro se non gli errori commessi da chi aveva il compito di presentare la documentazione in tribunale. Mancanze gravi, che in politica si pagano caramente. E allora, sostiene Nucara, meglio imbastire la storia di una congiura ordita da sinistra e magistratura contro il centrodestra e raccontarla al premier, che ha forse il vizio di fidarsi troppo dei suoi. Situazioni strane in un partito vero, non nel Pdl, per il segretario repubblicano semplice compagine di casta, nata per sommare interessi ad interessi, senza un’anima. Un’arma pericolosa da maneggiare, anche per Berlusconi, il quale, dopo aver tentato nuovamente la via del miracolo per risollevare le sorti dei suoi in queste regionali, a bocce ferme, forse, si renderà finalmente conto che in fondo Giuda era uno degli apostoli.

On. Nucara, sulla bufera che sta coinvolgendo il Pdl nella provincia di Roma si è detto tanto, prima si è parlato di dirigenti locali interessati che avrebbero determinato il ritardo, poi di un complotto organizzato alle spalle del centrodestra. Dov’è la verità?

Non c’è stata nessuna congiura. Ora sembra che tutto il mondo sia contro il Pdl, se fosse così ci sarebbe un disegno generale: giudici e funzionari comunali avrebbero usato lo stesso metodo anche in altre regioni, invece il problema è sorto solo nel Lazio. Più semplicemente credo che tutto sia nato dagli errori commessi da chi a Roma doveva iscrivere il partito di Berlusconi alle elezioni. Cose che possono succedere, ma comunque errori: c’erano delle regole e non sono state rispettate.

In questi giorni si è discusso molto sull’utilità di queste regole.

Sono comunque legge. Come la soglia di sbarramento elettorale fissata al 4%, in alcune regioni anche per le europee, o la stessa raccolta di firme per presentare le liste, volute da Pdl e Pd. Chi fa le regole è il primo a non doverle violare.

Come si può rimediare al marasma creato senza compromettere la corsa di Renata Polverini alla regione?

Presa coscienza degli errori commessi, occorrerà organizzare la campagna elettorale puntando forte sulle liste in lizza: si chiamano a raccolta tutti partiti minori e si cerca di vincere lo stesso. Viceversa portare avanti una guerra sul filo dei cavilli giuridici, come si sta facendo, può risultare controproducente.

Lei prima ha escluso l’ipotesi del complotto. Eppure, mercoledì, Berlusconi di questo ha parlato. Sta smentendo il premier?

No. Berlusconi ha detto quel che gli è stato riferito, visto che non poteva sapere nello specifico cosa fosse successo. Non bisognerebbe dare informazioni errate al presidente del Consiglio, eppure è stato fatto. Volutamente.

Perché?

Quando un segretario regionale di partito sbaglia non lo ammette mai per paura di ripercussioni disciplinari, preferendo scaricare la colpa sugli altri.

Quindi lei pensa che qualche dirigente locale possa mettere in crisi un partito intero?

Assolutamente. Stupisce che ciò accada in una compagine come il Pdl, con dietro grandi risorse finanziare e legali di qualità, mentre non avviene nei partiti minori, dove le liste sono state consegnate regolarmente.

Se il caos liste si fosse verificato nel Pri, che avrebbe fatto in qualità di leader?

Inizialmente niente, mi sarei limitato a trovare soluzioni che limitassero i danni in vista delle elezioni regionali. Dopo avrei provveduto a cacciare i segretari regionali, come ho già fatto in passato.

Berlusconi, con la manifestazione organizzata per il 20 marzo, sembra voler scendere in campo personalmente per risollevare le sorti della Polverini. Fa bene?

Sì. Purché la mobilitazione non sia finalizzata a fare pressione per ottenere la riammissione del Pdl a Roma. Sarebbe inutile: i giudici non ragionano con la piazza, ma con la legge. E la legge in questo caso dà loro ragione. Berlusconi dovrebbe fare altro…

Cosa?

Riaccorpare attorno a se tutto il centrodestra e a fare la campagna elettorale con i partiti a disposizione. Cosa che gli ho consigliato qualche giorno fa.

Quale messaggio dovrà lanciare il premier il 20 marzo?

E’ un mago della comunicazione. Ai suoi elettori dovrà dire: io esisto, rappresento la maggioranza nel paese e posso vincere anche senza il Pdl.

La vicenda delle liste e le polemiche interne degli scorsi mesi danno l’immagine di un partito debole. Quali sono i problemi del Pdl?

Semplice. Non è vero partito: è nato dal notaio come mera sommatoria di interessi, più o meno politici. Come si può definire partito una compagine in cui se il segretario regionale proviene da An, il suo vice deve venire da Forza Italia e viceversa? Questi sono schieramenti politici di casta, con poca strada davanti. Con tali premesse era inevitabile che esplodessero tutte queste polemiche prima o poi. Per questo il Pri non ha preso parte al progetto.

Crede anche lei che esista una contraddizione interna tra le varie correnti che formano il partito di Silvio Berlusconi?

Certamente. Il Pdl nasce dalla fusione di un partito con una sua tradizione, An, con Forza Italia, una compagine fondata sul solo carisma del suo leader. La storia dei vecchi partiti, come quello di Fini, prevedeva tesseramenti, segretari, direzioni provinciali. Tutto questo nel Pdl manca: le nomine le fa Berlusconi o chi per lui.

Manca una base ideologica?

Peggio! Manca la base ideale: una comune visione della società civile.

Fini non parteciperà alla manifestazione del 20 marzo, ufficialmente per via del suo ruolo istituzionale. Ci crede?

Sì. Anche Schifani non sarà presente ed è giusto così. Il presidente del Senato e quello della Camera non devono prendere parte a queste mobilitazioni.

Dopo le elezioni regionali si arriverà all’inevitabile resa dei conti all’interno del Pdl. Fini sarà coinvolto?

Aspettiamo i risultati elettorali, ma credo che sia già coinvolto, viste le posizioni assunte di recente nei confronti del Pdl e in particolare della componente di Forza Italia.

Gli italiani devono aspettarsi la nascita di un terzo polo con Fini, Rutelli e Casini?

Non so. Anche lì andrebbero appianate delle divergenze. Ad esempio, non credo che l’ex leader di An condivida le idee dei cattolici sui temi della laicità dello Stato e della bioetica.

Il centrosinistra ha esordito nella sua campagna elettorale gridando al colpo di stato. Continuando con la politica dello scontro non rischia di perdere credibilità?

Quello della sinistra è un sistema complesso. Bersani è un uomo pacato, ma deve fare i conti con Di Pietro che vanta un consenso del 6-7 %. Attualmente il Pd non può fare a meno dell’Idv. In futuro le cose dovranno cambiare, soprattutto se si vorrà tornare a governare il paese.